Energia: SCHIAVI del PRESENTE
Energie alternative per proteggere l’ambiente, per assicurarci energia costante, per non fermare il progresso, per non fermare il pianeta.
Temi di costante attualità, ma quello che vorrei qui fare sono altre riflessioni, senza alcun approccio scientifico, meramente ipotetiche ed empiriche.
Una sola ora di black out in tutto il mondo provocherebbe disagi notevoli.
Provate a immaginare un black out per sempre. Il mondo in un nano-secondo, o poco più, cambierebbe, nulla più funzionerebbe, nulla sarebbe come prima.
Siamo schiavi dell’energia elettrica.
La nostra tecnologia, il nostro quotidiano e la nostra stessa vita (pensiamo agli ospedali) è legata a questa. Dovesse mai “mancare” non si spegnerebbe solo la luce, si spegnerebbe il mondo e la possibilità di produrre e comunicare come negli ultimi decenni siamo abituati a fare.
Proviamo a immaginare lo svolgersi più banale del nostro quotidiano.
Al risveglio per fare un caffè o un tè si accende il fornello a gas che, però, funziona con la corrente elettrica; chi ha un fornello da campeggio può rimediare sino a che la bombola non si esaurisce. L’acqua non sarà solo fredda, se le pompe delle centrali si bloccano smetterà di uscire dal rubinetto. Tutto quello che avete in frigorifero durerà forse qualche giorno, poi marcirà.
Ecco, dunque, subito i due principali problemi: acqua e cibo.
Proprio come accadeva per l’uomo primitivo.
A seguire il clima, niente più impianti di riscaldamento e tantomeno aria condizionata.
Si dovrebbe ritornare al fuoco primitivo, quello che si accende con la legna tagliata nel bosco, perché, ovviamente, i sostitutivi come il pellets dopo un po’ sarebbero introvabili.
Tanto di cappello a chi in questi anni ha investito per trasformare l’intero impianto di casa in tal senso, ma anche questo è attivato dalla meravigliosa energia elettrica.
Oggi come oggi, per molti (includo anche me stessa), solo il dover rinunciare al caffè significa iniziare la giornata col piede sbagliato.
Pensate tutti i giorni senza corrente, quanto tempo ci vorrebbe per trovare delle alternative tali da plasmare l’attuale quotidiano con uno altrettanto dignitoso senza energia elettrica; e quanto tempo servirebbe all’uomo per abituarsi a queste?
Dopo un black out quante mattine iniziate col piede sbagliato ci aspetterebbero?
Tutto si ridimensionerebbe drasticamente e in maniera di certo traumatica.
Le industrie, i rifornimenti, le comunicazioni tutto si bloccherebbe senza possibilità di alternativa.
Perché a fronte di un ipotetico definitivo black out globale non esiste un piano B.
La corrente elettrica deve esserci, altrimenti il mondo non funziona, il pianeta si ferma, pur continuando a gravitare.
Questa ipotesi catastrofica è stata anche soggetto per alcune serie di telefilm, vedi “Revolution” il cui titolo nella sigla si compone in maniera molto significativa a indicare sia una “rivoluzione” che una “nuova evoluzione”.
La totale assenza di corrente elettrica rappresenterebbe di certo una involuzione, ma al contempo potrebbe essere il punto di inizio di nuova evoluzione umana.
La tecnologia, che funziona grazie all’energia elettrica (le batterie si ricaricano attaccati a un cavo che si collega a una presa di corrente), che ci ha portati a essere in contatto col mondo in ogni momento grazie a internet, sarebbe del tutto inutile.
Un tempo si tenevano le foto nel portafogli, oggi sono dentro la memoria del telefonino.
Si fanno vedere agli amici mentre si chiacchiera, ma per lo più vengono postate nei social, caricate nei drop-box, inviate via e-mail e se pesano troppo vai con WeTransfer.
Siamo costantemente in contatto col mondo senza poterlo toccare, senza guardarlo negli occhi.
La distanza è annientata dalle onde che corrono nell’etere e che ci portano voci e suoni, le immagini le vediamo su uno schermo, parliamo in video conferenza, ma ancor di più con stringati sms perché tutto è veloce, non c’è tempo, non c’è spazio temporale per comunicare con la possibilità di “toccare” fisicamente l’interlocutore.
Spesso mi chiedo da dove arrivi tutta questa fretta, ma non ho il tempo per rispondermi perché io stessa sono trascinata in questa spirale frenetica che non permette di porre un freno, che non permette di “contenere” il flusso in piena di questa routine sempre uguale e sempre diversa, mai facile, che la “civiltà” impone. Sembra di essere costantemente animati da continue scosse elettriche che ci fanno agire e parlare veloci, scrivere in maniera stenografica, pensare senza sosta e spesso senza logica. È difficile fermarsi, non impossibile, ma difficile perché il tutto ci avvinghia in una quasi dipendenza. E non ditemi che staccate andando in vacanza se poi avete sempre con voi il telefonino per un selfie che ritenete fondamentale condividere anche con chi (mi permetto questa licenza) a cui “proprio non gliene può fregar di meno”.
L’illusione del protagonismo, il bisogno di uscire dall’anonimato per tuffarsi in un mare così grande che si diventa ancor più goccia sconosciuta, una faccia in mezzo a milioni di altre.
In un ipotetico mondo senza elettricità tutto questo svanirebbe come una bolla di sapone.
Si dovrebbe camminare con le gambe, ma anche con la mente e col cuore per tornare a incontrarsi nel vero significato della parola stessa. E un contatto, non essendo più la possibilità che sia elettrico, sarebbe umano, magari nel male e non solo nel bene, ma comunque reale e non digitale.
Queste righe di parole che ora leggete stampate, prima di scriverle al pc ho voluto scriverle a mano, con una matita su un foglio di carta.
Ho realizzato che la consuetudine alla tecnologia che funziona grazie alla corrente elettrica è tale, che anche scrivere come abbiamo imparato a scuola diventa “diverso”, arduo seppur fattibile, ma vero è che la nostra innata manualità va scemando con un battere di tasti.
Il 28 settembre 2003 in Italia si è verificato un black out, è durato oltre dodici ore.
Quello che ricordo è che in piena notte mi sono svegliata, a svegliarmi è stato il silenzio.
Mi sono alzata e a tentoni ho trovato la torcia, sono uscita in giardino e il buio era totale, avvolgente e inquietante. Spenta la torcia non si vedeva assolutamente nulla.
Buio e silenzio. Solo quello. Dopo qualche minuto, però il mio udito ha iniziato a captare altri suoni, quelli della natura che nei centri abitati oramai molto di rado accade di sentire perché sovrastati da decibel di tecnologia umana.
Con questo non voglio dire che bisognerebbe tornare alle epoche primitive, assolutamente no.
Al mattino, personalmente, voglio internet per leggere i quotidiani e non toccatemi il mio caffè!
Ma, in tutta questa tecnologia, non so come, servirebbe uno spiraglio anche per l’umanità, per i contatti veri, non quelli dei social network, per i sani istinti primitivi.
Servirebbe, ogni tanto, staccare … staccare la spina, ma non in senso metaforico!
Ogni medaglia ha due facce. L’energia elettrica è indispensabile, serve a far funzionare qualsiasi cosa, ci rende la vita di certo migliore. Siamo schiavi della stessa, ma, soprattutto siamo schiavi della comunicazione odierna, siamo schiavi del nostro presente.
Rinunciare ogni tanto, quasi come forma di disintossicazione, potrebbe rappresentare una scelta di energia alternativa di vita!
Un piano B in caso di black out.
Quindi ora metto un punto e per oggi, forse anche per domani si vedrà, il caffè vado a prenderlo al bar in mezzo alla gente, passo in edicola per il quotidiano di carta vera … e prima di uscire spengo il pc.