Chiesa degli Eremitani
La chiesa dei Santi Filippo e Giacomo è un luogo di culto cattolico medievale che si innalza in piazza Eremitani a Padova.
Titolata ai santi Filippo e Giacomo il Minore, fu costruita a partire dal 1264 come chiesa dell’Ordine degli eremitani di sant’Agostino che avevano a settentrione della chiesa il loro grande convento oggi occupato dai Musei civici agli Eremitani.
L’ordine agostiniano resse la chiesa sino al 1806. Oggi la chiesa gode di titolo parrocchiale ed è retta dal clero secolare della diocesi di Padova.
Secondo la tradizione la costruzione fu compiuta sotto la guida di fra’ Giovanni degli Eremitani. L’edificio, straordinario esempio dello stile “classicheggiante” che si sviluppò nella Padova di età comunale, conserva insigni opere d’arte, tra cui i primi lavori pittorici di Andrea Mantegna.
Al suo interno riposano tra le altre le spoglie del cavalier Zanino da Peraga, Ilario Sanguinacci, Jacopo da Forlì, l’umanista Marco Mantova Benavides, la nobile Vittoria Accoramboni, il medico e biologo Antonio Vallisneri, la cantante e compositrice Barbara Strozzi.
La chiesa è stata colpita pesantemente da un bombardamento aereo anglo-americano nel 1944.
La chiesa mononavata della tipologia detta a granaio, è piuttosto allungata, termina in 3 absidi, le laterali a terminazione rettilinea, la centrale con chiusura a 5/10 (pentagonale), e ha una copertura lignea.
La cappella laterale destra è affiancata dalla famosa cappella Ovetari. Sul lato destro, quello meridionale, si aprono quattro cappelle laterali.
La facciata a capanna è aperta in alto da un rosone, mentre la parte inferiore presenta uno pseudo loggiato in pietra a cinque arcate, in quella centrale vi è il portale d’ingresso, mentre nelle laterali degli avelli. Il portale laterale meridionale, di epoca rinascimentale, è decorato da dodici altorilievi che raffigurano i mesi, opera del fiorentino Niccolò Baroncelli e risalente al 1422.
La chiesa lungo i secoli venne arricchita di decorazioni e oggetti d’arte, che in parte andarono perduti durante il bombardamento anglo americano.
Senz’altro la causa delle bombe della guerra è da rintracciare nell’uso militare dell’ex convento, oltre che dalla vicinanza alla stazione ferroviaria: la parte alta della facciata, il soffitto e la parte absidale furono distrutte e ricostruite nel dopoguerra seguendo l’originale utilizzando per lo più il materiale recuperato dalle macerie, rispettando la tecnica dell’anastilosi, nei lavori diretti da Ferdinando Forlati.
L’interno è costituito da una navata unica, con soffitto a carena di nave rifatto nel secondo dopoguerra seguendo il modello originale.
A destra e a sinistra dell’ingresso si conservano i due monumenti funebri di Ubertino e Jacopo II (talvolta detto anche Giacomo) da Carrara, qui trasportati dalla distrutta chiesa di Sant’Agostino all’inizio del XIX secolo: essi furono realizzati, rispettivamente, nel 1345 circa e nel 1351, dallo scultore veneziano Andriolo de Santi, da altri due artisti veneziani e dal lombardo Bonino da Campione a cui si sono attribuite le due “Madonne con il bambino” nelle nicchie centrali dei sarcofagi.
Nella chiesa venne sepolto Feltrino Gonzaga (†1374), signore di Novellara e Bagnolo.
Nella cappella della famiglia Cortellieri, situata sul lato desto della navata, sono visibili alcuni resti di un ciclo pittorico realizzato da Giusto de’ Menabuoi attorno al 1370 raffigurante la Gloria di Sant’Agostino con le Virtù e con le Arti Liberali.
Sul lato sinistro della navata è conservato un antico orologio.
La cappella maggiore è decorata da un ciclo di affreschi di Guariento che dopo le distruzioni belliche ricopre solo la parete sinistra (settentrionale), con le Storie di san Filippo e sant’Agostino nei tre registri superiori e nello zoccolo a monocromo le allegorie dei Pianeti e delle Età dell’uomo: chiaramente questa parte della decorazione è influenzata dai poco lontani affreschi di Giotto nella cappella degli Scrovegni.
L’attività pittorica di Guariento nell’abside maggiore è da far risalire per via stilistica agli anni 1361-1365.
Le scene superstiti sono:
- San Filippo costretto a sacrificare a Marte
- Incontro di san Filippo con i vescovi
- Martirio in croce di san Filippo
- Visione di sant’Agostino
- Vestizione di sant’Agostino e battesimo di Adeodato
Il crocifisso dietro l’altare maggiore è opera del veneziano Nicoletto Semitecolo (1367).
A destra della cappella maggiore si trovano gli affreschi della Cappella Ovetari di Andrea Mantegna e altri pittori, come Ansuino da Forlì.
Essi sono stati ricostruiti e riesposti al pubblico dal 2006, proprio a partire dall’importante frammento di Ansuino, dopo essere stati distrutti nel bombardamento del 1944.
Tra il presbiterio e la cappella Ovetari è posta la piccola cappella Dotto; sulla parete destra è posto il monumento funebre di Francesco Dotto.
La cappella, dedicata ai santi Cosma e Damiano e posta alla sinistra dell’altar maggiore, è meglio conosciuta con il nome di Cappella Sanguinacci, dalla famiglia che ne ebbe il patronato.
Sulla parete di destra in alto vi è l’affresco con la Madonna e Santi, opera del Maestro del Coro Scrovegni, risalente circa al quarto decennio del XIV secolo.
In basso si può vedere la Madonna in trono con Santi ed un offerente, che potrebbe essere il nobile tedesco Enrico Spisser, a quel tempo al servizio dei Carraresi.
L’affresco fu realizzato verso il 1373 probabilmente da Giusto de’ Menabuoi.
Sulla parete di sinistra sono visibili i resti di un affresco votivo con emblemi araldici, in gran parte perduti per la collocazione del monumento funebre di Ilario Sanguinacci, condottiero e podestà di Bologna e Firenze, morto nel 1381.
Nella sacrestia nuova, ora cappella feriale, sono conservate alcune opere d’arte di pregio, tra le quali vanno elencate Cristo e la Samaritana, Cristo e l’adultera, le Nozze di Cana e un Davide di Pietro Ricchi; san Giovanni Battista riassegnato recentemente a Guido Reni; Madonna con santi di Ludovico Fiumicelli; Madonna con Gesù bambino di Altichiero da Zevio e la lastra tombale di Paolo Veneto, teologo.
Mausoleo di Marco Mantua Benavides
Dopo il suo trasferimento da Mantova a Padova, il dotto studioso e letterato Marco Mantua Benavides nel 1544 si fece costruire un grandioso mausoleo, opera dello scultore fiorentino Bartolomeo Ammannati. Ai lati del sarcofago vi sono le due statue del Lavoro e della Pazienza, mentre nella parte superiore vi è la statua che ritrae il committente tra il Tempo e la Fama. Il tutto è dominato dalla Immortalità.
Il monumento è realizzato in pietra gialla di Nanto, mentre le statue sono in marmo bianco.
(Fonte: wikipedia)