L’ isola di San Servolo
Da convento a lazzaretto a spazio multiculturale
L’isola di San Servolo per la sua posizione è parte integrante del centro storico di Venezia, la sua distanza da Fondamenta Sette Martiri non è maggiore di quella dell’isola di San Giorgio da piazza San Marco. Chi entra nel bacino di San Marco provenendo dalla Bocca di Porto di San Nicolò incontra subito, alla sua sinistra, l’isola di San Servolo. Questa è posta all’incrocio tra il profondo Canale Orfano e quelli di San Nicolò e del Lazzaretto.
Fin dal 810 l’isola risulta abitata da frati benedettini, il cui primo insediamento si può far risalire circa ai primi anni del 600 quando un gruppo di monaci cacciati dai Franchi dal loro monastero di S. Stefano d’Altino trovarono rifugio nell’isola. Le cronache riportano il fatto raccontando che i religiosi abitarono in San Servolo in grandi ristrettezze economiche (basti pensare che l’isola era circondata da paludi) e solo nel 819 Angelo e Giustiniano Partecipazi dogi di Venezia decisero di concedergli la chiesa di Sant’Ilario posta nei confini della laguna veneta a confine con il padovano. Condizione per questa donazione era che comunque anche nell’isola di San Servolo rimanesse un numero di monaci sufficienti all’uffizio dei riti sacri. Altre cronache dell’epoca riportano più o meno gli stessi fatti, confermando quindi l’antichità del sito. E’ questo il periodo nel quale Venezia si distacca dalla soggezione a Bisanzio organizzando una solida unità politica. Da poco la sede del governo lagunare era stata trasferita da Malamocco a Rio Alto, l’attuale Rialto.
In quel momento probabilmente a San Servolo esistono solo il convento e la chiesa.
Difficilmente in un luogo angusto come doveva essere all’epoca l’isola potevano trovare spazio i tradizionali edifici di studio e lavoro per i quali i benedettini divennero celebri; tanto che per 290 anni, fino al 1109, i pochi monaci lì residenti dipendono economicamente dalla sede di Sant’Ilario. Pare che i poderi di Sant’Ilario si trovassero in una zona fertile e estremamente ricca di cacciagione tanto da essere citata in alcune cronache del tempo. In San Servolo è facile immaginare fossero allontanati i monaci anziani emarginati dal vivo contesto politico nel quale si muoveva l’ordine benedettino. Quindi l’isola da subito fu riservata a luogo emarginato, seppur non geograficamente lontana dal cuore pulsante della città di Venezia. Forse per questo nel 998 fu scelta dal doge Pietro Orseolo II per il primo segreto incontro con l’imperatore Ottone III.
Nel 1109 l’isola cessa la sua destinazione di ospizio e diviene convento vero e proprio. Nel 1105 infatti in seguito ai disordini interni all’isola di Malamocco le suore benedettine dei S.S. Leone e Basso vi si trasferirono. Da allora per 500 anni le monache abitarono l’isola migliorandola. In questi secoli San Servolo rimane adibito esclusivamente a convento a differenza di altre isole veneziane che man mano si tramutano in ospizio per pellegrini, ospedali, lazzaretti. Il 26 giugno 1615 le monache a causa dell’insalubrità dell’isola ottengono il permesso di trasferirsi sulla terra ferma. Da quel momento l’isola è abitata unicamente dal cappellano che deve mantenere in ordine i locali già probabilmente molto degradati. Nel 1630 San Servolo serve da ricovero per gli appestati. Vi trovarono rifugio intorno al 1640 le monache che fuggendo da Candia per sottrarsi al pericolo dei turchi vi abitarono vivendo di pubblica carità. Fino a questo momento le strutture architettoniche dell’isola avevano subito numerosi cambiamenti e ampliamenti. Il Sansovino dà notizia della ricostruzione della chiesa intorno al 929. Il campanile fu terminato, come testimonia una lapide, il 15 settembre 1456. tra il 1647 e il 1716, le monache fuggite da Candia non fecero grandi modifiche forse per il senso di provvisorietà che aveva la loro presenza.
Nel 1716 si chiude il primo grande periodo dell’isola destinata fino ad allora a convento. Da quel momento infatti la sua destinazione sarà quella di ospedale. Alcune fonti databili intorno al 1716 dichiarano che l’isola presenta una chiesa di forme gotiche, il campanile, il refettorio e alcuni fabbricati minori. Il perimetro nella zona nord è recintato con un muro continuo. In quell’anno l’isola doveva essere praticamente disabitata tanto che il Senato della Repubblica vista l’insufficienza degli spazi presso l’ospedale militare di Sant’Angelo in Castello decide di trasferirvi parte delle strutture ospedaliere. Nel 1716 vengono trasferiti circa 400 militari malati. In questi anni di continua lotta con l’esercito turco sono diversi i militari che qui vengono ricoverati, riconoscendoli il diritto di essere assistiti dalla Repubblica in quanto servitori del “benessere” di Venezia come un tempo lo erano i marinai. Dietro alla chiesa trova spazio un cimitero per i soldati della “Nazione dei Grigioni” e vi vengono ospitati i marinai benemeriti e i mozzi della marina. Nel 1725 viene ospitato il primo patrizio malato di mente a cui farà seguito il secondo nel 1733. Entrambi venivano mantenuti dalle rispettive famiglie.
Nel 1733 l’isola è ceduta ai padri Fatebenefratelli i quali con il contributo del senato cittadino danno inizio ad un’opera di restauro delle strutture dell’isola. Da questo momento iniziano quelle modifiche che porteranno l’isola all’aspetto attuale. Fu costruito un nuovo convento e interrato il lato nord-ovest per dare regolarità al perimetro dell’isola. Si scava il nuovo canale per l’approdo. In quegli anni si rifanno la chiesa (demolita l’8 marzo 1758), l’anno successivo è la volta del campanile demolito e ricostruito.
L’opera fu conclusa nel 1761. Il pavimento sarà recuperato diversi decenni dopo dalla chiesa dei S.S. Marco ed Andrea a Murano. Sempre nel 1761 il senato veneziano decide di concedere il finanziamento per i lavori di restauro e costruzioni di nuove fabbriche dell’ospedale. Nel 1766 in anticipo rispetto ai tempi previsti il costruttore Brunello termina i lavori di ampliamento e ristrutturazione.
Il progetto doveva essere affidato al Proto di San Marco, Temanza, ma in realtà come è evidente dai numerosi incarichi e ripetuti contratti fu il Brunello a dirigere tutte le opere. La sua capacità più che altro di buon artigiano che di acculturato architetto gli valse la fiducia dei committenti. Non si può dire che le sue opere si distinguano per complessità estetica o per innovazioni formali, rimangono però delle architetture di un certo pregio che presentano tuttavia dei caratteri di originalità nel contesto veneziano. In questi anni sono registrati gli arrivi dei primi malati mentali e la puntuale descrizione del loro internamento fa intendere l’importanza che questo tipo di “assistenza” cominciava ad avere per l’ospedale.
Importante è sottolineare che si tratta di uomini provenienti dalla nobiltà locale, a dimostrazione che solo a gente patrizia era riservato un trattamento di “cura” in caso di pazzia, perché i popolani malati venivano invece abbandonati al loro destino e alla pubblica pietà. L’isola venne ampliata in questo periodo (nella sua zona più favorevole sud-est) per permettere la coltivazione di ortaggi. Nel 1792 i padri Fatebenefratelli chiedono al Senato la costruzione di un nuovo ospedale riservato solo ai malati mentali perché a San Servolo i problemi di convivenza tra questi e gli altri internati risultano sempre più evidenti. Con il periodo francese e la capitolazione di Venezia nel 1797 l’ospedale è colmo di ogni tipo di malato è quindi urgente una sua regolamentazione. Da questo momento l’uso come manicomio dell’ospedale diventa stabile e vi verranno internati non solo nobili malati ma anche persone comuni. Prima i malati mentali provenienti dal popolo o erano abbandonati al loro destino oppure se considerati pericolosi erano caricati su bastimenti dette fuste e ancorati in punti remoti della laguna.
Dal 1804 al manicomio finora solo maschile viene aggiunta la sezione femminile ed è dichiarato manicomio centrale del Veneto. Tuttavia viste le continue battaglie e il numero elevato di feriti una parte dell’ospedale è ancora destinato alla cura chirurgica. Con la soppressione degli organi religiosi e l’invasione napoleonica Venezia ha un periodo di grande crisi economica. Nel 1822 sotto la dominazione austriaca iniziano nuovi lavori di ampliamento dell’isola verso San Lazzaro. Seguono anni molto difficili sia dal punto di vista economico che sociale. Il colera miete tantissime vittime e diversi alluvioni non fanno che peggiorare la situazione. Nel 1866 il Veneto è annesso all’Italia. Tra il 1860 e il 1868 vengono fatti sull’isola notevoli restauri e ampliamenti. In questi anni il convento e l’ospedale sono sotto la guida di Padre Salerio che gran parte avrà nella storia dell’ospedale e dell’isola. Sue sono le modifiche di quei decenni. Nel 1882 si redige una planimetria dell’isola che testimonia i lavori avvenuti dopo l’annessione al Regno d’Italia. Ma le modifiche dell’isola non sono ancora finite. Sostanziali cambiamenti verranno fatti nei primi anni del ‘900 al fine di rendere più salubri e igienicamente più consoni i vari fabbricati.
Da allora non verranno più apportate sostanziali modifiche ma ci si limiterà a normali interventi di sistemazione delle aree. Con la chiusura degli ospedali psichiatrici nel 1978 l’isola verrà abbandonata. Subito ci si accorge dell’immenso patrimonio culturale e sociale custodito nell’isola. Nasce l’anno successivo la fondazione di San Servolo IRSESC (istituto per le Ricerche e Studi sull’Emarginazione Sociale e Culturale).
Nel 1996 viene costituita un’associazione europea no profit per la gestione del “Centro europeo di Venezia per i mestieri della conservazione del patrimonio architettonico”. San Servolo attualmente è stato recuperata dalla Provincia di Venezia grazie ad un ampio e abile restauro. Oggi è sede di uno spazio di formazione e scambio fra culture. Nel 1999 un primo stralcio dei lavori permette la costruzione di un auditorium da 360 posti. Nel 2001 si conclude la ristrutturazione dei laboratori e l’anno successivo termina quella degli alloggi per gli ospiti del campus di studi. Nel 2003 anche il parco viene sistemato e ritorna ad un’originale conformazione come giardino-orto veneziano, si allestisce il museo dei reperti storici presenti sull’isola e l’area di consultazione per la documentazione psichiatrica. Nel marzo 2004 tutta l’isola è riaperta al pubblico. Una curiosa annotazione: all’epoca del Regime fascista, la sorella di Claretta Petacci volle darsi al cinema. Per questo dovette scegliere un nome d’arte: fu Miriam di San Servolo.
FONTE: Veneti nel Mondo
Registrazione Tribunale di Venezia n. 1314 del 14-01-99
direttore responsabile Giorgio Spigariol